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RE/REGINA

PRINCIPE/PRINCIPESSA

RE/REGINA : rappresentano il potere del ruolo, l'autorevolezza e la consapevolezza


PRINCIPE/PRINCIPESSA: sono la potenza giovanile in divenire, virtù adolescenziale risplendente, eroi incoscienti più che saggi

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Le fiabe sono piene di re/regine che imprigionano gente. Effettivamente, sono gli unici che possono farlo con l’autorità e non con la forza. La maggior parte delle volte adottano misure drastiche per precauzione, dovere o punizione, ma altre avviene semplicemente perché è il loro turno di essere cattivi.

Di contro, le principesse sono le prigioniere per eccellenza, ma anche i principi non scherzano. Essendo spesso i protagonisti, il superamento delle difficoltà crea l’asse narrativo della storia. Ad esempio Raperonzolo (o Petrosinella) è rinchiusa in una torre, la Bestia imprigionata nel proprio castello. Di solito l’isolamento è legato a luoghi simbolici, possono essere delle vere e proprie carceri, ma anche torri, grotte e cantine. La fuoriuscita dal carcere è metafora del superamento di condizioni precedenti, attraverso la formazione e la crescita.

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CONSIGLI DI LETTURA

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La narrativa è certo prodiga di letture sull'argomento. In generale, i drammi famigliari della casa reale hanno avuto molto richiamo sull'attenzione del pubblico, ancora prima di Elisabetta II. La contrapposizione tra padri e figli nelle nobili stirpi è più accesa che tra i poveri. Esempio su tutti può essere considerato Edipo, tornato alla ribalta grazie alla scabrosa analisi di Sigmund Freud. Purtroppo, la genialità dell’opera di Sofocle risiedeva anche nell'intreccio: atti densi di intrighi e ragionamenti, fino a disvelare la scomoda verità. Una vera e propria detective story insomma, talmente magistrale da essere osannata dal più grande critico dell’antichità (o almeno, il più autorevole di cui ci sono rimaste memorie), che scrisse, fra le altre cose:

“Il miglior riconoscimento è quello che si ha simultaneamente con il rovesciamento, com'è per esempio nell'Edipo” (Aristotele, Poetica)

Ormai tutti sappiamo chi è Edipo molto prima di sapere che cos’è il teatro, perché ci permette di esercitare ghiottissima filosofia spiccia, quindi GRAZIE FREUD PER AVER COMPIUTO IL PIÙ GRANDE SPOILER DELLA STORIA MONDIALE.

Comunque, Edipo non è mai stato tecnicamente imprigionato, se non dal fato, dal destino e dal suo nome. Quindi il libro consigliato per un VERO principe prigioniero è La vita è sogno di Calderòn della Barca. Dramma per eccellenza del barocco spagnolo, è una lettura sempre attuale poiché scritta con uno stile che aleggia tra il simbolico e il fiabesco. L’atmosfera onirica rende aperta l’interpretazione del testo; probabilmente ai tempi di Calderòn de la Barca il dramma veniva letto con un chiaro significato morale, ma oggi possiamo interpretarlo in modo personale senza stravolgerne il senso. La scrittura è colorita, l’intreccio avvincente e i personaggi ben costruiti, inoltre, nota personale, le figure femminili hanno un carattere forte e determinato, soprattutto Rosaura è una specie di Lady Oscar due secoli prima. Un testo intramontabile insomma.

La storia è così riassunta: in Polonia, quando la regina Clorilene è incinta “vide infinite volte, tra le immagini e i deliri del sogno, che un mostro in forma umana lacerava temerario le sue viscere, e tinto del suo sangue, la uccideva, nasceva vipera umana”. Effettivamente, appena nato, la madre muore e si verificano cataclismi che neanche durante l’estinzione dei dinosauri, tanto che “i cieli si oscurarono, gli edifici tremarono, le nubi s’apersero in pioggia di pietre, i fiumi si gonfiarono di sangue”. Basilio, il re, interpreta questi presagi come la prova che il figlio diventerà un tiranno sanguinario. Per evitarlo, decide di chiudere Sigismondo (il principe) in una torre costruita tra irte montagne (poi ci sono numerose storie collaterali, ma non ci soffermiamo). Anni dopo, il re inizia ad intuire che, forse, ha fatto una minchiata, e decide di dare una possibilità a suo figlio con un astuto stratagemma: verrà portato a corte e farà il re per un giorno, se si comporterà bene potrà rimanere, se male verrà narcotizzao, riportato nella foresta e gli verrà detto di aver sognato tutto. Però, Sigismondo a corte non fa una bella figura…certo, la corte non aiuta dato che:

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  1. Tutti si stupiscono di come uno, rimasto vent’anni in catene in una torre sperduta non si sa dove, non sappia comportarsi in società

  2. Iniziano a bullizzarlo

 

Ma Sigismondo non le manda a dire e arriva a defenestrare pure un servo, che finisce nel mar di Polonia, anche se ai tempi la Polonia non aveva uno sbocco sul mare (Calderon è un genio della letteratura, non è che può essere anche geografo). Per spezzare una lancia a favore del principe, io Servo Secondo lo avrei defenestrato molto prima.

 

 

Ovviamente non vi racconto il finale. Tutta l’opera è una profonda riflessione sull'opposizione tra l’essenza dell’uomo allo stadio naturale e la cultura che può domarlo, sul dovere e sull'istinto, sulla prigione che ci circonda o in cui siamo per destino. Ma ha davvero i toni di un sogno, che vaga tra figure e ibridi frutto della più matura cultura barocca. Se nel Seicento forse dava delle risposte, adesso lascia più stupore, domande e perplessità.

Come detto, la vita è sogno è un dramma intramontabile, per questo è reinterpretato, rivisto e riscritto in molte versioni durante i secoli. Una di queste è La torre del drammaturgo, poeta, saggista ecc. Hugo Von Hofmannsthal. Rappresentante della cultura austriaca a cavallo tra XVIII e IXX secolo, Hofmannsthal scrive anche un altro dramma che tratta di progenie reali imprigionate: Elettra.

La storia dei Elettra (a cui, tra l’altro, viene attribuito il complesso di Edipo versione femminile) viene ripresa dal celebre mito greco, che a livello di tragedia famigliare vi farà sembrare i litigi con zio Pino una passeggiata al parco. In pratica, Agamennone (re) offende Artemide (dea) che per pareggiare i conti chiede che le sia sacrificata Ifigenia (figlia1). Clitennestra (regina) ed Egisto (cugino del re e amante di regina) uccidono Agamennone per vendicare Ifigenia. Elettra (figlia 2) istiga Oreste (figlio1) a uccidere regina ed Egisto per vendicare re. Questo in soldoni. Il dramma di Hofmannsthal, diventato poi un’opera in musica grazie alla collaborazione con nientepopodimeno che Richard Strauss, inizia dopo l’omicidio di Agamennone, quando Elettra e Crisotemide (figlia 3) sono prigioniere in casa della madre, che ha paura rivelino l’uxoricidio (ho appena scoperto che il termine vale anche per l’uccisione dei mariti).

Come si può vedere, non è che l’opera di Strauss sia piaciuta proprio a tutti. La prigionia di Elettra è forzata dalla madre, ma imposta anche dall’ombra del padre che appare in casa per spingere alla vendetta. O forse l’ombra è solo una materializzazione del’inconscio di Elettra, prigioniera della propria caparbietà. La sua reclusione è terribile non tanto perché, mostrando eccessi di la rabbia e il furore, tutti la temono e la maltrattano al tempo stesso, rendendola zozza e brutta più o meno come noi durante i 15 giorni di isolamento, ma soprattutto perché costretta a stare reclusa con:

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< >La sorella, futura mamma pancina a cui il desiderio di maternità ha spento il cervello e fatto partire l’ormone. Dichiara più o meno apertamente che, quando saranno lasciate libere, andrà in giro a violentare villani per avere un figlio.

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< >Clitennestra, assassina di professione ma isterica di base. Emblematica la scena in cui Elettra passa 20 minuti a illustrarle un semplice concetto (“ammazzati”), mentre la regina continua a far domande intorno all’argomento (“ma chi?” “ma a che ora?” “no perché magari se sbaglio ora non funziona” “ma con cosa?”). Alla fine, il concetto passa dopo una descrizione dettagliata che avrebbe fatto impallidire pure Sam Peckimpah.

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< >Egidio, personaggio inutile che compare all’ultimo atto e probabilmente ha passato il restante tempo a cercare di mettere in piedi una scopa.

 

 

Povera Elettra. Le prigioni sono terribili, ma i compagni di cella delle volte sono peggio.

Il dramma di Hofmannsthal si presta alla lettura, però quest’adattamento è fatto veramente bene, se volte ascoltare anche della buona musica. Direttore Daniele Gatti e soprattutto un’ammirevole interpretazione di Elektra di Iréne Theorin.

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https://www.youtube.com/watch?v=mhRa3cmeYIg&t=35s

 

Buona scrittura!

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