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DRAGO

INGENUO

DRAGO : è l'energia vitale caotica repressa nell'ombra, natura animale autentica e selvaggia, istinto primordiale puro; si esprime nei raptus ed è quasi impossibile gestirla


INGENUO : rappresenta la fiducia incondizionata negli altri, vede solo il bene e il meglio di ogni cosa

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I draghi sono gli animali leggendari più famosi del mondo. Fantasia, simboli, dei, o bestie, da secoli vivono nell’immaginario dell’Occidente, dell’Oriente e di ciò che sta sopra e sotto. Forse reminiscenza antropologica dell’epoca dei dinosauri (ipotesi impossibile ma affascinante) ce ne occuperemo in riferimento alle fiabe di prigionia.

I draghi nelle fiabe sono spesso carcerieri. Essendo animali imperscrutabili, irascibili e misteriosi, mettere un drago a guardia di una fanciulla addormentata rende il salvataggio da parte dell’eroe più ardito. Perché con gli alti animali sai più o meno a cosa vai incontro, ma con un drago no. Non sai che gli piace da mangiare, come si comporta, è ancora sconosciuto a livello di s1udi zoologici. Spesso emblema del male, viene ucciso da santi con forte valore allegorico. Il ruolo del drago è comunque vario. Li troviamo a trainare carri come fossero somari, anche se magici, li troviamo a fornire armi e informazioni ad eroi, alcune volte hanno tre teste o zampe di grifone o creste di gallo. Insomma, in generale la maggior pericolosità del drago, a parte che sputa fuoco, è il suo umore instabile.

 

L’ingenuo è invece il personaggio che ci infonde speranza. Il famoso buono, che crede negli altri e nel mondo. Può fare tenerezza per il suo modo di vedere le cose, ma spesso rischia di venire gabbato o genera l’elemento comico con la semplice arte di essere sé stesso. Il suo ruolo all'interno della storia varia. Gli ingenui possono essere aiutanti, spalle di un eroe principale che lo rincuorano e lo conducono al lieto fine. Possono essere protagonisti, la cui fiducia nel mondo viene premiata o punita. In certi episodi della sua storia, Pinocchio rientra in questa categoria. Crede nelle frottole avendo fiducia nel prossimo e nelle possibilità del mondo, come quanto sotterra i suoi denari sperando che cresca una pianta di monete. Se così fosse, avremmo tutti una serra di bancomat da innaffiare amorevolmente.

CONSIGLI DI LETTURA

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C’è una splendida opera teatrale che può racchiudere assieme i personaggi  del drago e dell’ingenuo, il cui nome è proprio Il drago, di Evgenij Schwarz. L’autore russo, purtroppo poco conosciuto, vive a cavallo tra gli eventi che hanno segnato il Novecento: arruolato nel 1916, partecipa alla guerra civile e nel 1918, a Yekaterinodar, viene ferito, da allora avrà un perenne tremore alle mani. Questa esperienza non ferma la sua carriera nell'arte, infatti a Leningrado diventa prima autore di libri per bambini, poi autore di copioni teatrali basati su fiabe, alcune tratte da Andersen. Scrive anche durante la seconda guerra mondiale, e scrive appunto Il drago.

Semplice, diretto e senza sofismi, questa fiaba ha una grande potenza nello svelare meccanismi di realtà che sono sotto i nostri occhi ma che, per pigrizia, paura, abitudine o umanità, facciamo finta di non vedere. La storia parla della prigionia in senso politico e individuale, giocata tra accettazione e lotta. Ispirata al mondo circostante, rappresenta la condizione umana dell’individuo e delle masse nel terribile momento storico vissuto dall'autore, ma è così bel definita da risultare universale. Infatti, viene scritta nel 1942 come critica verso il nazismo che si stava mangiando l’Europa, ma ne viene proibita la rappresentazione a Mosca per timore che il pubblico scorga, nelle situazioni narrate, una critica al comunismo.

Qualsiasi –ismo si imbarazzerebbe davanti ad una simile messa in scena, che con ferocia e facilità rompe gli specchi-prigioni del nostro mondo, mettendoci davanti a noi stessi.

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La trama è semplice, come in qualsiasi fiaba: c’era una volta un paese che era tenuto in ostaggio da un drago. Un giorno arriva al villaggio Lancillotto, prode eroe, che vuole liberare i suoi abitanti. Il primo personaggio che incontra, nonché il mio preferito, è il gatto Mariuccia:

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Lancellotto: Come ti chiami?

Gatto: Mariuccia.

Lancellotto: Credevo che fossi un maschio.

Gatto: Sono un maschio, ma la gente a volte è così disattenta! I miei padroni si meravigliano ancora che io non abbia mai fatto gattini. Dicono: “Ma è possibile, Mariuccia?” Cari, poveri padroni! Adesso non dico più una parola.

(…)

Lancellotto: Chi è minacciato dalla sventura?

Gatto (…) Sono già quattrocento anni che nella nostra città si è stabilito un drago.

Lancellotto: Un drago? Magnifico!

Gatto: Ha imposto un tributo alla città. Ogni anno si sceglie una ragazza e noi, senza neanche fare un miagolio, gliela diamo. Lui se la porta nella sua grotta e non la rivediamo più. Dicono che muoia di ribrezzo. Frr! Vattene via, vattene via! Fff!

Lancellotto: A chi lo dici?

Gatto: Al drago. (…)

Lancellotto: Se almeno lei mi piacesse, ah se mi piacesse! È una cosa che aiuta tanto… (Guarda dalla finestra) Mi piace! Gatto, è una ragazza molto simpatica. Ma che cosa vedo, gatto? Sorride! È tranquillissima. E anche suo padre sorride allegramente. Mi hai raccontato delle frottole, eh?

Gatto: No. La cosa più triste in tutta questa storia è che loro sorridono. Zitto. Buon giorno.

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Il drago, come personaggio, ha tre teste-vesti, ma in realtà sono molte, molte di più. A tratti i protagonisti si passano anche la maschera dell’ingenuità. Lo stile fiabesco fa apparire l’eroe Lancillotto, in un mondo che assomiglia molto al nostro, tanto puro di cuore da sembrare un bietolone. Nel XX secolo le sorti dell’eroe contro i burocrati rimangono incerte. A tratti è la popolazione che fa da coro che sembra ingenua, più che rassegnata. Il drago non incatena una città spaventata, ma una città che ha accettato bonariamente il proprio destino. O forse ha scelto di adeguarsi alla prigionia, pagare tributi e sacrifici per vivere tranquilla adattandosi al male. Ma non è ingenuità pensare di soggiogare per sempre un popolo? L’antagonista, emblema ufficialmente di Hitler ma le cui varie teste hanno le fattezze di Stalin, Mussolini, Pol Pot, Pinochet e affini, non e’ ingenuo a pensare che tutto il mondo accetterà la sudditanza, e che non sia rimasto più neanche un prode cavaliere e un fedele gatto a salvarlo?

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Perché ci tormenti? Io ho imparato a pensare, signor presidente, e questo è già una tortura. C’è da diventar matti.

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Potete leggere tutto il testo, di per se abbastanza breve, qui:

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http://copioni.corrierespettacolo.it/wp-content/uploads/2016/12/SCHWARZ%20Evgenij__Il%20drago__null__U(23)-D(5)__Unavailable__3a.pdf

Però se questi ingenui non vi bastano, per ispirare la vostra fantasia potete appellarvi anche ad una lettura classica, in cui è raffigurato l’ingenuo per eccellenza: Candido o dell’ottimismo di Voltaire (1759), autore così appassionato a questo genere di personaggio che, anni dopo, si diletta a scrivere un altro libro chiamato proprio Ingenuo (1767).

La trama di Candido è molto fitta ma piuttosto lineare, perché la sua motivazione è filosofica e non strettamente narrativa. In pratica, Voltaire se la prende a morte con la filosofia ottimistica soprattutto di Gottfried Wilhelm (von) Leibniz, il quale afferma, in soldoni, che il mondo in cui viviamo è il migliore dei mondi possibili. In pratica, Leibniz è il primo inventore di #andràtuttobene. Per screditare questa teoria, Voltaire (pseudonimo di François-Marie Arouet) prende una manciata di personaggi, di cui Pangloss rappresenta il suo avversario filosofo, li fa scorrazzare per tutto il mondo e fa accadere qualsiasi male possibile. Se pensate che George R.R. Martin sia inclemente verso i protagonisti  de Il trono di spade, vi sembrerà un padre buono confronto a quello che accade a Candido, Cunegonda, Panlross e compagnia. Dall’inizio alla fine ricevono nerbate, bastonate, frustate, schiaffi, pugni, calci, sputi; vengono feriti, stuprati, impiccati, annegati, bruciati, anatomizzati, beffati, mangiati, derubati, schiavizzati da pirati, gesuiti, prelati, ebrei, arabi, danesi, indios ecc. Avete presente quando siete arrabbiati col mondo e ve la prendete col primo che vi capita sotto tiro, che di solito è una cassiera? Ecco, ai tempi di Voltaire non c’erano le cassiere propriamente dette, quindi il povero se ne tornava a casa e bullizzava Candido. Tra tutte queste disgrazie, figuratevi se non veniva pure imprigionato. Anzi, viene fatto prigioniero dai bulgari nel giro di dieci pagine. L’ingenuità è la chiave con cui il protagonista vive il mondo, per questo la civiltà circostante ne approfitta per privarlo dei suoi diritti, dei suoi sogni e dei suoi beni. È prigioniero degli altri, oppure lo tengono prigioniero le false credenze impartite da Pangloss, che non gli permettono di vedere la reale essenza del mondo e difendersi?

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